Cosa conviene alla Grecia

Tornare all’ira funesta del Pelìde Achille

La guardia è stanca. Il tempo sta scadendo. Le frasi che provengono dall’Eurogruppo rivolte alla Grecia, sembrano quelle del partito bolscevico nei confronti del governo Kerensky. Siamo giunti molto oltre gli ultimatum. Sembra persino, che in perfetto stile leninista, un qualche ministro abbia definito Varoufakis “perditempo, giocatore d’azzardo e dilettante”. È successo che a due mesi dall’accordo del 20 febbraio, la Spagna abbia progredito, mentre Cipro è quasi pronta a tornare sui mercati. La Grecia invece sembra persa nel mar Egeo. Se il governo Tsipras sperava di poter raggiungere un’intesa su una manciata di riforme in cambio di una boccata d’ossigeno finanziaria, l’eurogruppo gli ha chiuso la porta in faccia. A questo punto, converrebbe a Varoufakis tornare all’ira funesta del Pelìde Achille, indossare scudo corazza e lancia, fare una strage di tutti questi barbari burocrati che osano giudicare gli achei. Anche perché il prossimo 11 maggio lo Fmi attende la restituzione di 750 milioni di euro. Una lancia in pancia allo Fmi e via. Possibile che il governo di Atene si rifugi nel mito, state tranquilli che non tornerà alla dracma, perché con il cappio alla gola, pensare di ripristinare una moneta fuori corso, solo un irresponsabile potrebbe consigliarlo, oppure uno speculatore. I depositi già svuotati della Grecia sarebbero definitivamente abbandonati e solo i miserabili resterebbero con le dracme. I ricchi, gli euro, se li metterebbero nel materasso per aspettare cosa succede. Stai a vedere quale sarebbe il valore del cambio drama-euro 15enni dopo il ritiro della moneta nazionale. Pensate che questo provocherebbe una notevole ripresa dell’economia attraverso le esportazioni e l’aumento del turismo? Che sciocchezza. La Grecia non ha problemi di turismo, piuttosto potrebbe vedersi pagare due euro quello che l’estate precedente costava venti, e quanto alle esportazioni, queste sono niente in confronto a quanto la Grecia dovrebbe importare dall’area euro, o qualcuno crede che l’economia greca sia competitiva con quella tedesca o francese, o italiana? Escludete poi che l’idea che il default costringa i creditori ad accettare delle forti riduzioni del debito, perché la svalutazione originerebbe un braccio di ferro tale fra le banche centrali, che nemmeno mettendo sul piatto della bilancia i debiti di guerra della Germania, si potrebbe arrivare ad un qualche equilibrio. Qualcuno crede che, almeno, uscendo dalla moneta unica, il Governo ateniese riuscirebbe a chiedere al paese quei cambiamenti finora considerati una imposizione esterna. Eppure la Grecia la dracma l’ha avuta per decenni e questa è la situazione in cui si è trovata, prima, non dopo l'euro. È vero invece che l’Europa paga un prezzo molto alto per una decisione tanto poco meditata come fu quella della creazione dell’Unione Monetaria. Ma allora l’errore fu di chi non si rese conto che c’erano paesi inadatti a soddisfare le condizioni di entrare. D’altra parte, il rischio di restare fuori dalla moneta unica, quando questa partiva, sarebbe stato tale da far aumentare ulteriormente il distacco. L’aggancio all’euro, nonostante tutte le difficoltà consente ancora di mantenere un filo di speranza, tanto che persino Syriza, vinte le elezioni dicendo di voler uscire dalla moneta unica, si guarda bene dal farlo. La Grecia dovrebbe piuttosto trovare la forza per fare le riforme, e l’Europa quella per una politica economica più espansiva.

Roma, 27 Aprile 2015